Scuola e genitori: alleati sulla discontinuità educativa
A pochi giorni dall’inizio della scuola, ho ascoltato con stupore e gratitudine una dirigente scolastica ale superiori esprimere un monito ed un suggerimento che credo valga per tutti i genitori, aldilà dell’età specifica dei loro figli, ma soprattutto per i genitori degli adolescenti di oggi.
Convocati i genitori dei ragazzi delle prime classi la dirigente ha dato un insolito benvenuto, usando parole dense di significato e vibranti di emozioni. Ella ha accennato al patto educativo che va stretto tra famiglie e scuola e, all’inizio del nuovo anno e di un nuovo ciclo di studi, ha scelto di parlare di EDUCAZIONE più che istruzione, mettendo immediatamente in evidenza l’inevitabilità ma anche il valore della DISCONTINUITA’.
Un tempo di grande fragilità personale e relazionale
Pur riscontrando con obbiettività la fragilità dei ragazzi/e – adolescenti e preadolescenti oggi, in questo tempo storico particolare – e la difficoltà dell’impegno educativo per i loro genitori, la dirigente ha chiesto a questi ultimi di resistere alla tentazione di evitare ai ragazzi la discontinuità. I ragazzi di oggi – come sempre – portano dentro una buona dose di angoscia persnale e relazionale. Ma non è questo il vero loro problema: lo è piuttosto il fatto che i loro genitori non riescano a sopportarla. Essi cadono e si perdono come dietro ad una ‘fuorviante eco di sirene‘ fatta di minacce, crisi di pianto ed accessi emotivi.
Nonostante a tratti una veemente esortazione, si percepiva nelle parole della dirigente una grande stima per i genitori ma anche un consiglio serio e molto esplicito: ‘siate i loro genitori e non loro amici‘. Ella invitava a rispettare la discontinuità generazionale che è inevitabile anche se dolorosa, ma di cui i figli, gli adolescenti – in fondo hanno bisogno per crescere.
Gli esempi non sono mancati. La dirigente parlava di quei tanti genitori che erano già andati da lei allarmati a chiedere aiuto perché il figlio/a sta male – ‘ha angoscia’ – piange o addirittura minaccia di farsi del male, non riuscendo a sopportare situazioni di normale vita scolastica ma di discontinuità: una nuova classe con ragazzi/e sconosciuti, senza la sicurezza degli amici del ciclo scolastico precedente, un brutto voto, avendo invece avuto in passato una bella media.
L’accorata richiesta della preside di aiutare gli adolescenti a ‘guardare negli occhi’, più che rifugiarsi nel riverbero del proprio telefonino che spesso rimanda a ciascuno la propria stessa rassicurante immagine, opinione, preferenza invitava i genitori ad educarli a preferire gli altri in carne ed ossa e a investire sui nuovi compagni… anche se diversi, anche se imprevisti. Che ne accettino la sfida.
Riflessioni da psicologo appassionato di educazione
Credo che la vera minaccia per i ragazzi a proposito della discontinuità presente nella realtà non è la discontinuità in se stessa, pur se i ragazzi, quando la percepiscono, provano angoscia, paura e disorientamento.
La vera minaccia per gli adolescenti, ma anche per la società del domani, è l’incapacità dei genitori di reggere quell’angoscia, di rimanere presenti ma fermi, attenti e vicini ma sereni; è l’incapacità dei genitori di non intervenire e invece di dare ai figli il senso che: ‘sì, ce la puoi fare!’.
I genitori dovrebbero riuscire a non rispondere a quella ‘eco di sirene’ e a far percepire loro che nella realtà discontinua, altra, sorprendente e non prevedibile che li aspetta oggi a scuola e domani nella vita, risiede il loro e d il nostro futuro. Nessuno ha mai detto che è facile. Ma ne vale sicuramente la pena.
Il discorso della dirigente mi ha fatto pensare alla giusta, sana e utile DISTANZA PSICOLOGICA che deve esserci tra genitori e figli, educatori ed educandi, adulti e adolescenti. Questa distanza va mantenuta in qualsiasi efficace RELAZIONE EDUCATIVA.
Credo anche che una sana AUTONOMIA, che aiuterebbe contro l’angoscia, possa essere fornita a chi sta crescendo attraverso uno SPAZIO che sia sufficiente, di volta in volta, per essere preso e occupato. Gli adolescenti hanno bisogno di sentire un VUOTO – che sì, in parte, sarà anche spaventoso, ma questa sofferenza gli è utile. Il vuoto può essere invitante per gli adolescenti, può suscitare in loro l’urgenza di colmarlo con la propria forza, energia e creatività, magari a costo di correre qualche rischio.
Altrimenti, in un mondo già troppo vecchio e stanco, nulla di nuovo e bello può essere più inventato.