VIVERE A PIENO LE EMOZIONI: BRICIOLE DI INTELLIGENZA EMOTIVA

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Essere capaci di vivere in contatto con le proprie emozioni ci è utile per rimanere sani e sereni psicologicamente, per orientare le nostre scelte e i comportamenti, per costruirci la vita essendone protagonisti e responsabili, per non essere distrutti dalle eventuali avversità ma piuttosto attraversarle ed esserne fortificati. Soprattutto, conoscere e ascoltare le proprie emozioni, ci permette di stabilire relazioni armoniose tra noi stessi e gli altri.

 

Ogni essere umano è unico e speciale e vive in modo personale gli avvenimenti e le relazioni con le persone che lo circondano; ognuno ha pertanto non solo pensieri ma anche sensazioni fisiche proprie e bisogni particolari, esperienze soggettive che cambiano continuamente: tutto ciò a sua volta influenza il suo stesso mondo emotivo e questo insieme di fattori ne spiega la complessità.

 

Eppure ci sono delle informazioni utilissime per tutti a proposito di quelle che sono indicate ormai universalmente come le quattro emozioni fondamentali: GIOIA, RABBIA, TRISTEZZA, PAURA.

La cosa più importante da sapere è che nessuna emozione è tossica: non occorre proteggersi dalle emozioni o evitarle, perché se talvolta possono apparire dolorose, per la loro intensità, o difficili da gestire, va proprio bene provare ogni emozione e c’è sempre qualcosa da fare al riguardo.

 

Le emozioni producono energie, aiutano ad acquisire consapevolezza, orientano all’azione e sono utili nelle relazioni. Prendiamole in considerazione una alla volta, in pochi essenziali cenni:

 

La gioia, altrimenti detta felicità, è un’emozione legata alla dimensione temporale del presente. Essa ci indica che va tutto bene in questo dato momento, proprio qui ed ora, e che il nostro attuale equilibrio con l’ambiente e gli altri è ideale.

Potremmo dire che, quando sentiamo gioia, a livello fisiologico non ci sono particolari cambiamenti e che il nostro organismo è quasi in un uno stato di riposo, pronto e disponibile ad intraprendere un qualsiasi compito ma anche pronto a battersi per gli obiettivi più diversi.

In quanto esseri umani proviamo gioia semplicemente nel sentirci vivere, quando stiamo bene ed i nostri bisogni emotivi possono essere soddisfatti – magari la proviamo proprio dopo qualche sforzo o col superando qualche difficoltà. Ogni volta che capita la gioia possiamo fermarci a gustarla: esprimendola a parole, in modo non verbale, nelle nostre azioni e nelle scelte che facciamo, ma anche condividendola, celebrandola con gli altri; più lo faremo più ne saremo consapevoli e potremo fermare e mantenere dentro di noi traccia dei momenti piacevoli.

E se qualcuno è contento intorno a noi, facciamoci e facciamogli il ‘regalo’ di soffermarci e condividere la sua gioia, interessandocene… poiché la gioia è davvero contagiosa.

Anche il contatto fisico e la vicinanza diventano più semplici e piacevoli quando c’è gioia in noi o negli altri: permettiamoceli.

 

La rabbia o collera è sana ed utile, in particolare se vissuta nella dimensione temporale del presente.

Questa emozione è infatti a servizio della nostra identità: ci aiuta a prendere il nostro posto nel mondo, a costruire la nostra vita dando importanza anche a noi ed ai nostri bisogni – non solo a quelli degli altri. Infatti, se è vero che la vita è piena di frustrazioni un po’ per tutti – e adattarsi e sopportarne, in una certa misura, ci fortifica – è anche molto importante affermare i nostri diritti, esprimere le nostre opinioni e chiedere di essere rispettati; rabbia e collera sono fondamentali per non subire il mondo ma per trasformarlo quel tanto che permetta anche a noi di starci abbastanza comodi e sereni.

La rabbia dunque, con la sua energia, ci aiuta a prenderci cura dei nostri bisogni psicologici (riguardo ai desideri, invece, tutti noi possiamo imparare ad accettare che non sempre vengano soddisfatti ma, almeno, ci auguriamo che ci siano riconosciuti).

Quando siamo arrabbiati avvertiamo un’intensa attivazione fisiologica: siamo invasi da un’energia che pervade i muscoli, il sangue affluisce alle mani, la frequenza cardiaca aumenta, il corpo viene invaso da una scarica di ormoni, fra i quali l’adrenalina. A questo punto dovremmo imparare a riconoscere la nostra collera, a canalizzarla e a decidere come esprimerla, sia verbalmente che nelle azioni, senza fare danni: possiamo dare un senso a ciò che sentiamo, possiamo ascoltare la collera, individuare cosa l’ha scatenata e fare agli altri delle richieste, in modo assertivo, ricordando che si possono accettare tutti i sentimenti… ma non tutti i comportamenti. Del resto bisogna anche dire che una collera capita e rispettata dagli altri non dura molto, quindi non risparmiamoci nello spiegarla e comunicarla agli altri, soprattutto se sono importanti per noi, ricordando anche che difficilmente esistono relazioni interpersonali autentiche in cui non ci si arrabbi mai.

 

La tristezza è legata alla dimensione temporale del passato: essa ci aiuta a dimenticare, a separarci e a lasciar andare un progetto o un desiderio, a superare le perdite e ad affrontare i cambiamenti; provare tristezza ha la funzione fondamentale di farci sopportare una perdita significativa, una delusione, addirittura la morte di qualcuno per noi significativo.

A livello fisiologico la tristezza comporta una caduta di energia, una perdita di entusiasmo verso le attività della vita, i piaceri e le distrazioni. Quando, divenendo più profonda, la tristezza si avvicina alla depressione, il nostro metabolismo potrebbe rallentare, con aumentata voglia di dormire o uno scarso appetito. Solitamente la tristezza comporta una chiusura in se stessi che ci dà l’opportunità di elaborare quello che è successo, fornendoci quello spazio di riflessione per comprendere le conseguenze nella nostra vita di certi eventi.

Quando siamo tristi ci fa bene lasciar uscire le lacrime: sono utili perché danno sollievo al dolore e aiutano a superarlo; in realtà sono il segno del processo di risanamento della ferita. Il pianto, i singhiozzi calmano la tristezza, impedendo che un sentimento di tristezza non espresso resti dentro di noi per tanto tempo.

In realtà la tristezza ci rafforza. Chi è attorno a noi non deve far altro che restarci vicino, calmo e fiducioso, e consentirci di esprimere la nostra tristezza, i nostri pensieri; sarebbe utile ricevere un conforto fisico, ma più di tutto è essenziale lasciare uscire la tristezza, invece di fermarla. Solo così arriveremo a coltivare il ricordo di quell’evento passato, di quella perdita, di quella persona e ad accettare che non ci sia più.

Scopriremo inoltre che condividere la tristezza con gli altri può portare ad un approfondimento di legami e ad una maggiore intimità. E questo ci darebbe immediatamente ‘qualcosa’ in cambio – qui, ora, nel presente – rispetto a ciò e a chi non c’è più.

Infine, quando siamo tristi ricordiamoci di rallentare, prestando più attenzione a cosa sta succedendo nella nostra vita e scoprendo cosa le manca.

 

Per finire, se la gioia e la collera ci servono nel presente e la tristezza ci aiuta con il passato, la paura è invece quell’emozione che ci proietta nell’immediato futuro.

Ci sono paure realistiche e concrete, legate a possibilità reali che vanno ascoltate e considerate, ma senza esagerare o addirittura bloccarsi o evitare (non è questo certo il caso delle fobie o della cosiddetta ansia, per cui spesso non ci sono ragioni davvero giustificabili per avere tali reazioni).

La paura sana e utile è legata alla dimensione del nuovo (il futuro), dell’imprevisto e dunque di tutto ciò che ci è, in qualche modo, sconosciuto; l’emozione della paura ci aiuta a evitare rischi, a proteggerci dai pericoli ma serve anche a familiarizzare, ad abituarci al nuovo.

Se abbiamo paura il viso impallidisce, il cuore batte forte, ci si chiude lo stomaco, la gola si secca e le mani si fanno umide; il sangue fluisce verso i muscoli delle gambe, preparandoci ad una reazione di fuga, ma spesso tutta questa attivazione fisiologica ci sta solamente preparando a fare quello che dobbiamo fare, a dare il meglio di noi. La paura infatti ci permette di attivare in noi quella tensione che si riempie di energia per affrontare un pericolo o prepararci ad una prova.

Spesso, per affrontare le paure, occorre soddisfare il nostro bisogno di informazione: quando siamo spaventati, ricordiamoci che possiamo imparare a pensare efficacemente pur avendo paura. Pur avendo paura, provando e sperimentando, possiamo entrare in contatto con le capacità a noi utili per risolvere i problemi: possiamo fare le cose che ci spaventano, con gradualità, e imparare cose nuove.

Ricordare le esperienze già fatte e le vecchie soluzioni può aiutarci a mantenere una sana energia.

La paura non va eliminata o superata ma attraversata: non dobbiamo frenarci ma incoraggiarci e provare a riconoscere il profondo desiderio che spesso si cela in noi, proprio rispetto alla stessa cosa che ci sta facendo paura. Se la paura è la previsione di qualcosa di negativo, possiamo trasformarla nella previsione di qualcosa di positivo, così essa diventa una forza motrice più che inibitrice. Spesso ci serve tempo per realizzare questo processo ma alla fine potremo essere orgogliosi di noi stessi.

 

 

 

 

 

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Dott.ssa Nadia Sanza

Psicologo Clinico – Psicoterapeuta – EFT - Advanced Schema Therapist- EMDR

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