IL PICCOLO RICCIO E LE SPINE, LA STORIA DI G. (PROTETTORE DISTACCATO E SCHEMA THERAPY)

SCHEMA THERAPY, UN MECCANISMO DI COPING MALADATTIVO: IL PROTETTORE DISTACCATO E L’EVITAMENTO

 

La Schema Therapy di Jeffrey Young chiama Mode o Parte ‘Protettore Distaccato’ quella funzione difensiva o di coping (fronteggiamento), che viene ritrovata spesso nel comportamento evitante) e quell’insieme di strategie che una persona può mettere in atto per proteggersi da paure, eventuali ferite relazionali, pericoli e rischi psicologici attesi.

Secondo la Schema Therapy siamo nel nostro Mode Protettore Distaccato (le Spine) quando invece di mostrare la nostra vulnerabilità (il tenero, fragile Piccolo Riccio, che la Schema Therapy chiama anche il Mode Bambino Vulnerabile) e di entrare in contatto con i nostri bisogni emotivi e con le nostre emozioni, smettiamo di metterci in gioco autenticamente nelle relazioni, le evitiamo e ci richiudiamo in noi stessi e/o nelle nostre routine consolatorie:

lavorare tantissimo

mangiare o bere troppo

dormire troppo

giocare d’azzardo o star ore e ore sui video giochi

sognare ad occhi aperti

semplicemente guardare film o tanta tanta TV ma

anche fare sesso per non pensare,

o fare tanto sport

Quando siamo nel nostro Mode Protettore Distaccato, non siamo in contatto con la nostra vita emotiva e con il nostro bisogno di intimità, ma siamo nascosti dietro una barriera che, come le ‘Spine’ del ‘Piccolo Riccio’ della storia precedente, protegge il nostro vero Sé dai pericoli del mondo circostante…  e proprio come le spine del piccolo riccio ci impedisce di stare in contatto con gli altri.

Riflettiamo: la realtà e soprattutto le relazioni intime e vere con le altre persone, anche se possono essere – e spesso lo sono – fonte di malintesi, scontri, incomprensioni, rimangono un’indispensabile nutrimento per ciascuno di noi. Pertanto stare nel Mode Protettore Distaccato, anche se apparentemente comodo, non giova affatto alla nostra salute psicologica ed alle nostre relazioni.

 

IL PICCOLO RICCIO E LE SUE SPINE: UNA STORIA PER CAPIRE

 “Un Piccolo Riccio viveva tranquillo nel sottobosco; era gentile, curioso e pieno di energie e voleva fare amicizie, soprattutto con i suoi simili. Ma non avendo le spine, quando incontrava un altro riccio e voleva abbracciarlo, o semplicemente giocare con lui, rischiava di farsi molto male… così dopo un po’ di tentativi falliti e qualche seria ferita, smise di provarci… e si isolò. Intanto le sue stesse spine cominciarono a crescere, appuntite e dure, così fu ancora più difficile per lui stare con gli altri e per gli altri stare con lui. Eppure il Piccolo Riccio continuava a desiderare la relazione con gli altri ricci e meno ci riusciva… più la desiderava.”

IL CASO DI G.: COS’E’ IL PROTETTORE DISTACCATO O EVITAMENTO

La storia di G. aiuta a capire cosa succede quando ci barrichiamo dietro le nostre difese – come il fragile riccio che usa le sue spine per tener lontani gli altri animali – e cosa comporta, soprattutto se usata in modo esteso e molto rigido, per il nostro vero Sé la strategia difensiva, basata su comportamenti di EVITAMENTO, chiamata dalla Schema Therapy: PROTETTORE DISTACCATO.

G. è un ragazzino di 12 anni, che si ritira da scuola un giorno, per chiudersi in casa con i suoi genitori. Figlio unico, aveva manifestato già da alcuni mesi un forte rifiuto della scuola. I suoi genitori, persone introverse e timide, non riescono bene a ricostruire i motivi che hanno portato G. a questo tipo di chiusura. Affermano: “non sono poi tutti così i ragazzi di adesso?”.

G. è sempre stato molto silenzioso, piuttosto calmo e, fin da piccolo, solitario. Al momento della richiesta di aiuto allo psicoterapeuta, G. passa molto tempo al computer. In famiglia raramente fanno cose insieme e spesso anche i genitori lavorano da casa… ognuno nella sua stanza. Da qualche tempo, G. di fatto studia da casa (e va anche bene a scuola!); può farlo grazie a professori comprensivi che glielo permettono contattandolo ogni tanto on line e via e mail.

Si coglie immediatamente la solitudine in cui G. è cresciuto: al limite dell’isolamento. Si evidenzia l’inadeguatezza dei suoi genitori a rispondere ai veri bisogni di G. (CORE NEEDS, per la Schema Therapy) soprattutto in ambito relazionale: bisogno di Appartenenza/Relazione e di Inclusione Sociale.

Lo psicoterapeuta ammette di sentirsi spiazzato ed affranto nel rapporto con G. che, spesso, in seduta, si limita a guardare il pavimento e fare spallucce. Questo evitamento estremo non solo della scuola, ma anche delle relazioni ha a che fare con un Mode in particolare il ‘Protettore Distaccato’. Per affrontare la chiusura di G., dopo i primi incontri, lo psicoterapeuta gli racconta la storia del Piccolo Riccio: ciò lo aiuta a spiegargli cosa ha capito di lui, come lui funziona e perché; ma soprattutto rivela i rischi del suo comportamento: la solitudine e la deprivazione  emotiva.

Apparentemente G. resta distaccato anche rispetto a questa storia. Finchè, un giorno lo psicoterapeuta sentendosi senza via di uscita, volendo tirare fuori il Piccolo Riccio dalle sue spine, scrive, istintivamente su un foglio: “Ehi! Lo so che sei li. Lo so che vuoi che ti trovi” . Poi accartoccia il foglio e lo lancia a G. che, colto di sorpresa, non solo lo acchiappa ma non riesce a fare a meno di leggerlo. Lo psicoterapeuta, incoraggiato dall’essere riuscito a spiazzare G. questa volta, aggiunge a voce: “Io non mi arrendo, riguardo a te. Mi ricordo del Piccolo Riccio e dei suoi bisogni, dietro queste spine… e prima di tutto del desiderio che qualcuno stia li con te” .

 

COME AGGIRARE IL PROTETTORE DISTACCATO IN SCHEMA THERAPY

 

Da quel momento sarà possibile anche a G. vedere altre sue parti e non solo le sue spine (il PROTETTORE DISTACCATO) che lo aiutano, ma a caro prezzo, ad evitare di entrare in contatto con gli altri, pur in fondo desiderandolo molto. Ora gli è visibile il Piccolo Riccio (MODE BAMBINO VULNERABILE), ossia la parte tenera e vulnerabile dietro le Spine, che quasi aspetta altri approcci, altri messaggi in fogli appallottolati, da parte dello psicoterapeuta. Il ‘Piccolo Riccio’, infatti, vuole continuare a giocare ed è come se volesse dire: “So che puoi vedermi, che puoi ascoltarmi”, sa che lo psicoterapeuta è lì per lui. E per un poco la terapia continua in una specie di gioco del nascondino… un gioco adorato da bambini molto più piccoli di G., ma molto importante nell’infanzia per fare esperienza di identità e differenza, di presenza e assenza, di separazione e appartenenza: tutti bisogni psicologici fondamentali per G.

Proseguendo nella costruzione delle sue competenze relazionali (il gioco umano è relazione) il gioco tra psicoterapeuta e G. va avanti e, con esso, la relazione umana tra i due. Così, attraverso per esempio una vera palla morbida, poi un mazzo di carte e qualche altro fantasioso stratagemma, la terapia ma soprattutto la relazione cresce. E G. ed il suo psicoterapeuta non sono più in stallo. G. fa esperienza di relazione e si prepara alle relazioni umane, fuori della psicoterapia.

Con il movimento, la giocosità e la fantasia lo psicoterapeuta ha aggirato l’evitamento del ragazzo, intercettato il PICCOLO G. (un altro importante Mode della Schema Therapy detto Bambino Vulnerabile) e lo ha nutrito psicologicamente. Ha ascoltato e rispecchiato le emozioni di G.:

la rabbia di non essere stato aiutato per un test a scuola…

la paura di non riuscire a farsi amici,

la tristezza di star sempre da solo, e lavorato su compiti per lui spaventosi, come andare ad un campeggio con la sua classe o invitare amici ad uscire con lui.

L’episodio della carta appallottolata torna utile per dimostrare a G. la presenza e la disponibilità di un altro significativo (che la Schema Therapy chiama Mode del Adulto o Genitore Sano), presente, attento interessato al PICCOLO G., da interiorizzare man mano G. cresca, nel suo Mode o Parte Adulto Sano.

Dunque, attraverso il cenno alla storia di G. ecco riassunti gli elementi chiave di una psicoterapia tipica nella SCHEMA THERAPY, volta ad interccettare, aggirare e vincere il Protettore Distaccato:

-incoraggiare il movimento del corpo

-suscitare giocosità (andando incontro al Bambino Felice, che è una parte del Bambino Vulnerabile dentro di noi)

-tirar fuori la curiosità, il senso ed il coraggio di rischiare

-cogliere i bisogni centrali e fondamentali, in termini psicologici (CORE NEEDS)

-aprire, svelare le emozioni, e rispecchiarle (Bravo Genitore o Adulto Sano)

-darsi da fare con attività, esperienze e tentativi nuovi, per uscire, gradualmente, dalla ‘zona di comfort’ che spesso corrisponde al Mode Protettore Distaccato

-creare una relazione terapeutica che dia un senso di appartenenza.

Mi piace poi aggiungere che sostenere, in terapia e nella vita, la curiosità è molto utile di fronte all’evitamento:  se si riesce a promuovere il desiderio di correre il rischio delle relazioni umane, che la curiosità per esse sempre porta con sè – oltre alla paura, allora si è pronti ad andare avanti, piuttosto che tirarsi indietro e a farsi nuovi amici.

 

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Dott.ssa Nadia Sanza

Psicologo Clinico – Psicoterapeuta – EFT - Advanced Schema Therapist- EMDR

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